Sostenibilità

Svelenati. nuovi stili di vita contro la minaccia chimica: l’antidotosei tu

80mila nuove sostanze chimiche sono entrate nell’ambiente negli ultimi 50 anni. Molte di esse sono tossiche.

di Redazione

«L? uso di sostanze chimiche è aumentato enormemente a causa dello sviluppo economico in vari settori, dall?industria all?agricoltura, ai trasporti. Come conseguenza, i bambini sono esposti a un gran numero di sostanze chimiche sia di origine naturale che sintetiche. L?esposizione avviene attraverso l?aria che respirano, l?acqua che bevono o nella quale fanno il bagno, il cibo che mangiano, la terra che toccano (o ingeriscono). Sono esposti virtualmente ovunque si trovino: a casa, a scuola, nel cortile dove giocano e durante i viaggi. Le sostanze chimiche possono avere effetti immediati e acuti, così come effetti cronici, spesso risultanti da esposizioni protratte nel tempo»: un allarme durissimo, che però non viene dal WWF, come forse i lettori hanno immaginato. Si tratta infatti della parte introduttiva delle pagine sul rischio chimico del sito dell?Oms, l?Organizzazione mondiale della sanità, dedicato alla salute dei bambini, Children?s environmental health (Ceh). Sia chiaro che l?Oms non si preoccupa dei rischi chimici soltanto per i bambini; del resto la letteratura medica sulla componente ambientale dei rischi per la salute è in aumento, e l?attenzione verso le sostanze chimiche e i loro effetti sono ormai pane quotidiano per tutti i medici, dagli oncologi agli endocrinologi. È però in particolar modo inaccettabile pensare che i nostri bambini siano sottoposti da decenni a un enorme esperimento nel quale fanno da cavie e che costituisce un rischio continuo per la salute. Eppure è così. Gravi effetti potenziali Negli ultimi 50 anni, l?uomo ha immesso nell?ambiente circa 80mila nuove sostanze chimiche. Attualmente si stima che vi siano 30mila sostanze prodotte dall?uomo e usate in quantità superiori a una tonnellata. Dei rischi per la salute umana e per l?ambiente da parte della maggior parte di queste sostanze si ha una conoscenza limitata, o nulla. Gli effetti potenziali possono essere seri, e andare dal cancro ai difetti congeniti; molte di queste sostanze possono interferire col sistema ormonale, danneggiare organi vitali, provocare problemi alla pelle, allergie, asma. Nessuno nega che le sostanze chimiche abbiano portato numerosi benefici alla società. Però il principio di precauzione non è stato affatto applicato, anzi. Molte sostanze chimiche sono state adoperate in quantità e solo dopo l?uso si è scoperto che alcune di queste avevano conseguenze devastanti per la salute umana, quella animale e l?ambiente. Un esempio per tutti: il ddt, il famigerato insetticida col quale un tempo si irroravano territori, ambienti e persone. Nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale, intere popolazioni furono sottoposte a vere e proprie docce col ddt. Poi però si è scoperto che è un possibile cancerogeno, influenza i sistemi nervoso, immunitario ed endocrino e non scompare, ma si accumula nei tessuti grassi nella parte alta della catena alimentare, come i carnivori. Persiste nell?ambiente per decenni e viaggia a grandi distanze. Ne sanno qualcosa gli abitanti del Polo Nord, gli Inuit, oggi tra le popolazioni più contaminate del mondo, così come gli orsi bianchi, in cima alla catena alimentare artica, nei quali si riscontra un alto tasso di psuedoermafroditismo e un indebolimento del sistema immunitario. A causa delle temperature e delle correnti di circolazione nell?atmosfera e negli oceani, infatti, molte sostanze chimiche tendono a concentrarsi ai Poli. Il WWF Gran Bretagna, che ha condotto analisi del sangue su 150 persone, ha trovato ancora tracce di ddt, nonostante da anni ne sia vietato l?uso nel Regno Unito. Ma c?è di più: un test del sangue ancor più recente, effettuato su bambini provenienti da diverse aree del Regno Unito, ha trovato ddt in ognuno di loro, benché il ddt sia fuorilegge da prima che loro nascessero, evidenziando che queste sostanze permangono nell?ambiente e nella catena alimentare, e quindi che le precauzioni andrebbero prese prima, con adeguati controlli. Da sottolineare anche il fatto che nel sangue dei nonni dei bambini sono state trovate meno sostanze chimiche tossiche che nei genitori e nei bambini stessi, e quindi le giovani generazioni sono più esposte di quelle precedenti (www.wwf.org.uk). Oggi infatti ci sono sì più regole, ma anche più sostanze nell?ambiente; si usano sempre più oggetti e (ricordiamolo) delle sostanze immesse sul mercato prima dell?approvazione delle prime direttive europee in materia (1981) sappiamo poco o nulla. Il problema del bioaccumulo Il WWF è preoccupato per le conseguenze di tre tipi di sostanze chimiche: quelle persistenti e bioaccumulabili (quelle cioè che si accumulano nel corpo e nell?ambiente, con effetti a lungo termine anche a basse dosi); i cosiddetti interferenti endocrini, che interagiscono con il sistema ormonale portando a possibili deficienze neurologiche, comportamentali, dello sviluppo e sessuali; le sostanze che possono avere un effetto cancerogeno. La legislazione attuale in materia di produzione e uso di sostanze chimiche è insufficiente: per questo la Commissione Europea ha proposto una nuova regolamentazione chiamata Reach (Registrazione, valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche). Si tratta di un passo in avanti per identificare e – chiede il WWF – eliminare le sostanze più dannose. I produttori di sostanze chimiche saranno obbligati a inviare un dossier per la registrazione degli agenti chimici: maggiore è la quantità della sostanza prodotta, maggiori sono i dati richiesti. Gli esperti valuteranno i dati e verrà concessa un?autorizzazione: le sostanze ?altamente preoccupanti? dovrebbero però essere gradualmente eliminate e sostituite da sostanze più sicure. Nel nuovo regolamento ci sono ancora scappatoie: per esempio le industrie potranno continuare a usare le sostanze «ad altissima preoccupazione» se il loro uso verrà sottoposto ad adeguato controllo (una formula ambigua, che lascia alle industrie la possibilità di continuare a usare anche le sostanze più pericolose, benché siano disponibili alternative). Per sostenere la necessità di controllare e regolamentare la produzione e l?uso delle sostanze chimiche e puntare a un futuro meno ?tossico?, il WWF ha lanciato una campagna internazionale dal titolo Detox (in Italia Svelénati – L?antidoto sei tu) che si svolge in tutto il mondo, in quanto l?approvazione di una legislazione che protegga davvero dal rischio chimico avrebbe un effetto a cascata ovunque, come ben sa Colin Powell che, ancora da segretario di Stato americano, ha scritto ai governi europei chiedendo di non approvare Reach (evidentemente a interferire non sono solo le sostanze chimiche). Gabbia o opportunità? Per dimostrare che tutti noi siamo esposti al rischio chimico, il WWF ha effettuato test del sangue a parlamentari europei, ministri della salute e dell?ambiente e, da ultimo, anche ad alcuni deputati e senatori italiani, nonché testimonial di popolari trasmissioni della Rai, nel quadro della settimana di informazione sulla chimica nociva. E le industrie chimiche? Nonostante le debolezze e le scappatoie di Reach, paiono non gradire la nuova regolamentazione, lamentandone l?alto costo. E memori di quanto già tentato altre volte, gridano «al lupo» tentando di influenzare gli studi della Ue in merito: gli studi effettuati in passato avevano quantificato i costi di Reach in circa 200 milioni di euro all?anno per 11 anni, 50 centesimi annui per ogni cittadino dell?Unione Europea. Le ragioni di tanta contrarietà a una normativa di tutela che limita la possibilità delle industrie di usare liberamente del nostro ambiente e della nostra vita si possono forse capire in Paesi come la Germania, dove l?industria chimica è fortissima: meno in Italia, dove la nostra industria chimica è praticamente in dismissione, e cui invece Reach potrebbe offrire opportunità di ricerca e di innovazione.


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